LA SINDROME DA IMBRACO E LA CONSAPEVOLEZZA AD ALTA QUOTA
La sospensione inerte del corpo o sindrome da imbraco, senza un intervento immediato, porta prima alla perdita di coscienza e, in molti casi, alla morte. Se, in conseguenza di una caduta, un lavoratore imbracato rimane appeso e immobile, viene interrotto il ritorno al cuore del sangue dagli arti inferiori per abolizione della pompa muscolare (mancato movimento) e per effetto compressivo della arteria aorta per mezzo dei cosciali dell’imbraco; questo provoca il rallentamento del cuore, la diminuzione della pressione arteriosa e un aumento della pressione intratoracica con conseguente insufficienza cardiocircolatoria e ischemia cerebrale in poco meno di 30 minuti.
Per ridurre il rischio da sospensione inerte è fondamentale che il lavoratore sia dotato innanzitutto di DPI idonei e che venga recuperato dalla posizione di sospensione al più presto; ciò presuppone che venga prevista una procedura di recupero in emergenza, in modo che gli operatori che assistono il malcapitato non si affidino al proprio ingegno ma seguano delle operazioni standardizzate che puntino al salvataggio dell’operatore sospeso in sicurezza (es. utilizzo di una PLE).
I lavoratori presenti devono intervenire allo scopo di portare in piano l’infortunato; se l’operazione non è possibile, è necessario raggiungerlo, alzargli le ginocchia o le gambe e sollevagli testa e torace. Dopo il recupero la vittima deve restare seduta con le gambe piegate e sotto sorveglianza.
Queste operazioni di sicurezza che vengono applicate in situazioni di emergenza devono essere conosciute dai lavorati tramite la formazione e addestramento che ricevono dal datore di lavoro ( art. 37, D.lgs. 81.08). Non improvvisare più in altezza, rivolgiti a professionisti… parlarne non ha un costo.