L’INAIL, in un documento di recente pubblicazione, ha analizzato gli effetti provocati dall’esposizione ad agenti fungini negli ambienti indoor ed il rischio per la salute per chi occupa tali spazi.
La contaminazione fungina in ambienti indoor è una forma di inquinamento ambientale, che può provocare una serie di patologie. Condizione necessaria per la proliferazione dei funghi è la presenza di umidità; anche la temperatura interna, pur non rappresentando un fattore critico può influenzare il tasso di crescita e la produzione di allergeni e metaboliti.
I funghi sono classificati in colonizzatori primari, secondari e terziari: elevati livelli di umidità e tracce di condensa favoriscono la contaminazione da parte di colonizzatori primari e secondari, i terziari proliferano in presenza di problemi strutturali importanti dovuti a difetti di costruzione, inadeguato isolamento e infiltrazioni d’acqua.
La loro presenza può raggiungere elevate concentrazioni anche in ambienti indoor, quali scuole e uffici, dove la polvere, gli alimenti non adeguatamente conservati e i materiali utilizzati per strutture ed arredi (tappezzerie, vernici, colle, legno, materiale cartaceo, piante ornamentali, ecc.) possono rappresentare sorgenti interne di accumulo e rilascio di tali microrganismi.
Tra le fonti di inquinamento indoor si annoverano anche i sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria dove l’accumulo di sporcizia, la presenza di detriti e incrostazioni all’interno dei vari componenti facilitano l’insediamento e la moltiplicazione microbica.
La contaminazione microbiologica dell’aria negli ambienti confinati è spesso imputabile a scarse condizioni igieniche degli impianti di trattamento dell’aria e a errori di progettazione o installazione che non consentono una idonea manutenzione degli stessi.
L’inalazione del materiale fungino può implicarsi a due meccanismi:
- il rilascio di spore/frammenti a seguito di movimenti dell’aria o disturbi fisici causati da persone o animali
- la risospensione della massa fungina sedimentata a causa delle attività lavorative
Altri fattori quali la velocità dell’aria, il tempo, la morfologia della colonia, lo stress da essiccazione, le vibrazioni possono influenzare la velocità di aerosolizzazione.
Numerosi studi epidemiologici dimostrano che gli occupanti di edifici umidi e contaminati da muffe presentano un rischio maggiore di contrarre patologie respiratorie, esacerbazione di asma e, più raramente, polmonite da ipersensibilità, alveolite allergica, rino-sinusite cronica e sinusite allergica.
Il testo unico sulla sicurezza (d.lgs. 81/2008) impone l’eliminazione del rischio di esposizione ad agenti biologici o la sua riduzione al più basso livello possibile.
Non essendo possibile eliminare la presenza di muffe, si può provare a contenerle con idonee misure di prevenzione e controllo quali:
- mantenimento di adeguati livelli di umidità interna (< 60%)
- idonea ventilazione
- rispetto di norme igieniche generali
- attività di monitoraggio e ispezione dell’impianto di trattamento aria
La valutazione e la gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti deve essere realizzata attraverso ispezioni visive finalizzate ad accertare lo stato igienico e la funzionalità dei vari componenti e ispezioni tecniche.
È inoltre necessario disporre un registro degli interventi effettuati fornendo anche una check list per l’ispezione visiva e indicazioni utili per il monitoraggio microbiologico ambientale.
Di fondamentale importanza l’adozione di idonei dispositivi di protezione individuale (guanti, occhiali di protezione, facciali filtranti, indumenti protettivi) da parte del personale addetto alle attività di manutenzione, pulizia e bonifica unitamente ad adeguata formazione e addestramento.