Il pericolo ha riguardato due coniugi piemontesi, colpiti da intossicazione da istamina dopo avere consumato a casa tonno fresco proveniente dall’Europa e acquistato in una pescheria: se la sono cavata con un passaggio fuori programma in ospedale, dove sono stati trattati con cortisone e antistaminici. Le analisi hanno rilevato la positività alla sindrome sgombroide in diversi campioni: nei residui del pasto, nella pescheria e dal grossista (stesso lotto in confezione integra). In tutti i campioni sono stati trovati alti livelli di istamina.
L’intossicazione da sindrome sgombroide è caratterizzata da sintomi che spaziano dall’arrossamento della pelle al prurito, dalla cefalea ai crampi addominali, dalla nausea alla diarrea, alle palpitazioni. Grazie alla rapidità degli accertamenti, è stato possibile stabilire un collegamento diretto tra il cibo consumato e la tossina, presente nei campioni in quantità superiori di sei volte rispetto alla soglia di sicurezza.
E’ doveroso sapere che la cattiva conservazione del pesce causa lo sviluppo dell’istamina (in alcuni casi il processo si attiva già sulle navi di cattura): la quale, oltretutto, è termostabile, cioè resistente al calore e quindi alla cottura dei cibi. Almeno un centinaio i casi registrati l’anno scorso, alcuni anche in Italia.
Non vogliamo promuovere affatto una campagna contro il tonno, il pesce e la sua manipolazione, piuttosto vorremmo invitare i ristoratori e quanti lavorano il pesce a riflettere con più attenzione sulla vigilanza e sul proprio piano di autocontrollo, assicurando che gli operatori, i consulenti e la filiera alimentare concorrino sinergicamente ad obiettivi di qualità, rispettando i requisiti igienico-sanitari ed associando al proprio lavoro l’immagina che merita.
I nostri tecnici in materia di sicurezza alimentare sono disponibili per poterne parlare insieme. Incontrarsi, conoscersi e confrontarsi non ha costi, siamo gratuitamente disponibili.